Accesso alla giustizia e spese processuali: le profonde ingiustizie della giustizia civile e del lavoro.

Appello alle istituzioni, agli organismi dell’avvocatura, della magistratura, della politica e della società civile.

È trascorso un anno dall’entrata in vigore della modifica dell’art. 92 del codice di procedura civile che, al secondo comma, ora recita: “se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero”.

La disposizione – che consolida il principio per cui “chi perde paga” le spese legali anche dell’avvocato di controparte, limita a rari e specifici casi i poteri del giudice a disporre diversamente ed ha già ottenuto il prefissato e dichiarato effetto di abbattere il contenzioso e comunque di disincentivare il ricorso alla tutela giurisdizionale, con esiti, però, devastanti per la giustizia civile in generale (si pensi ad esempio alle cause dei consumatori) e per la giustizia del lavoro.

La norma nel precedente testo – che già aveva subìto, nel corso degli ultimi cinque anni, ulteriori modifiche – consentiva al giudice di compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti laddove concorressero “altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”.

A questa disposizione faceva frequentemente ricorso il giudice tutte le volte che la condanna alle spese della parte che aveva perso il processo apparisse iniqua.

Da un anno a questa parte le persone, poste di fronte al rischio di dover pagare migliaia di euro per l’ipotesi, ad esempio, in cui non riescano a provare in giudizio la fondatezza delle proprie ragioni, preferiscono rinunciare in partenza a far valere i loro diritti.

Nello specifico ambito del diritto del lavoro ciò ha comportato e comporta una grave penalizzazione di principi costituzionalmente garantiti, quali quelli dell’uguaglianza e dell’accesso alla giustizia (artt. 3 e 24 Cost), che si accompagna alle forti compressioni dei diritti intervenute negli ultimi anni.

Si è quindi ormai totalmente squilibrata e resa inefficace la funzione primaria del diritto del lavoro, inteso come complesso di norme poste a tutela della parte economicamente più esposta del rapporto di lavoro e come garanzia di un sostanziale riequilibrio tra i diritti e i doveri delle parti.

Si consideri, a tale proposito, che nel contratto di lavoro (a differenza che in altri contratti di diritto civile in cui i contraenti si trovano in posizione di parità), ad una delle parti vengono attribuiti poteri unilaterali (disciplinari, organizzativi, di risoluzione del rapporto) che, in astratto, possono essere esercitati arbitrariamente: a fronte di ciò all’altra parte non resta che rivolgersi, spesso “al buio” (ovvero senza conoscere in profondità gli elementi in mano all’impresa) ad un terzo imparziale – per l’appunto il giudice – che abbia i poteri di ripristinare la giustizia.

Non occorre un lungo argomentare per evidenziare l’iniquità di disposizioni che volutamente ostacolano tale possibilità.

Un’ultima assurdità: nel processo il quadro di diseguaglianza – sostanziale ma anche e persino formale – risulta completato dal fatto che gli imprenditori hanno la possibilità di “scaricare” i costi legali della propria difesa processuale e dell’eventuale soccombenza; la parte economicamente, sostanzialmente e processualmente più esposta, ovvero sempre il lavoratore, non ha alcuna possibilità di “scaricare” alcun costo, aggravando il rischio in cui incorre il proprio nucleo familiare e pagando, a parità di importi, circa il doppio rispetto all’impresa. Siamo di fronte quindi al paradosso di un trattamento di sfavore nei confronti della parte più debole! Anche di questo aspetto il legislatore – perseguendo una volontà di abbattimento del contenzioso purchessia e, quindi, dimentico dei diritti così lesi – non si cura affatto.

Una giustizia che rende eccessivamente onerosa la possibilità di tutela processuale dei diritti non può ritenersi tale; per questa ragione molti avvocati giuslavoristi che tutelano i lavoratori inseriranno negli atti introduttivi dei giudizi specifiche eccezioni di incostituzionalità della norma.

A ciò si aggiunga che le disposizioni sul contributo unificato nelle controversie di lavoro (una “tassa” che si versa all’inizio di un processo proporzionata al valore della domanda, dalla quale sono esenti solo coloro che abbiano avuto un reddito familiare inferiore, ad oggi, a € 34.500 circa) necessitano, quantomeno, di una “messa a punto”, avendo rivelato aspetti di iniquità.

  • Innanzi tutto non è dato comprendere perché il riferimento debba essere al reddito familiare anziché a quello personale.

  • In secondo luogo è ingiusto il riferimento al reddito dell’anno precedente: per un lavoratore licenziato, ad esempio, che ha perso ogni fonte di reddito appare una vera beffa misurare le sue capacità economiche in rapporto a quelle che aveva quando lavorava! Analogo discorso vale per chi si trova a dovere recuperare retribuzioni arretrate di mesi e mesi e le competenze di fine rapporto (TFR compreso) da un datore di lavoro insolvente. In base a quale logica si deve ritenere che quel lavoratore, nell’attualità, sia in condizioni di poter far fronte a spese solo perché l’anno precedente il suo reddito era più alto?

  • È assurdo che il contributo unificato aumenti nei superiori gradi del giudizio, ed è inconcepibile che per il ricorso in cassazione, secondo l’interpretazione corrente, non vi sia esenzione in base al reddito ma che, per tutti, vi sia un elevatissimo contributo superiore ai 1000 euro. Le Alte Corti sono riservate solo agli alti redditi ?

Si propongono semplici e chiare modifiche della normativa vigente per l’eventualità in cui i magistrati ritengano di non poterla applicare in senso conforme al dettato costituzionale:

SULLA CONDANNA ALLE SPESE

All’art. 92 c.p.c. aggiungere il seguente comma:

comma 2 bis: “Il giudice può altresì compensare le spese in ragione delle particolari condizioni di una delle parti o se ricorrono altre giuste ragioni esplicitamente indicate in motivazione. In ogni caso la parte soccombente non può essere condannata al pagamento delle spese e degli onorari se è risultata esente dal contributo unificato in ragione del reddito, salva l’ipotesi di cui all’art. 96 c.p.c.”.

SUL CONTRIBUTO UNIFICATO

Ove non si ritenga di poter eliminare del tutto il CU per il processo del lavoro, si ritiene che, quantomeno, l’esenzione dal pagamento del CU debba:

  • essere disposta avendo come riferimento il reddito personale e non quello familiare
  • essere disposta sulla base dei redditi correnti al momento della causa (eventualmente con autocertificazione) e comunque, per i gradi successivi al primo, dell’ultima dichiarazione dei redditi, per ogni fase e grado del giudizio (e non riferita all’anno precedente la proposizione del primo grado)

  • essere disposta sempre per materie particolari quali il licenziamento

  • essere disposta anche per il ricorso in Cassazione

Per tutte queste ragioni riteniamo necessario ed urgente che il Consiglio Superiore della Magistratura, i Consigli dell’Ordine, il Consiglio Nazionale Forense, gli organismi e le associazioni tutte di rappresentanza dell’avvocatura, della magistratura, gli esponenti della politica e della società adottino ogni iniziativa volta ad approvare la modifica legislativa proposta o, quantomeno, arrivare al ripristino della precedente formulazione dell’art. 92 c.p.c. e ad una congrua rimodulazione e riduzione del contributo unificato nelle controversie di lavoro.

Firme Avvocati, giuristi e altri sostenitori:

Addonizio Velia (Foro Milano) Albani Giorgio (Foro Milano) Allamprese Andrea (Roma) Andreoni Amos (Foro Roma) Angelone Paolo Maria (Foro Milano) Aiello Filippo (Foro Roma) Algarotti Stefania (Foro Milano) Assael Ivan (Foro Milano) Ballatori Raffella (Foro Bologna) Berruti Mario (Foro Brescia) Berti Paolo (Foro Torino) Bertoni Corrado (Foro Cuneo) Biagioni Tatiana (Foro Milano) Bisacca Simone (Foro Torino) Bonardo Franco (Foro Torino) Boneschi Luca (Foro Milano) Borali Maurizio (Foro Milano) Buttazzo Giovanna (Foro Bologna) Caffaratti Mirella (Foro Torino) Capponi Marina (Foro Firenze) Carapelle Roberto (Foro Torino) Chiusolo Stefano (Foro Milano) Cirillo Ernesto (Foro Napoli) Coccìa Nicola (Foro Milano) Comolli Silvia (Foro Milano) Cundari Massimo (Foro Cosenza) Di Stasi Antonio (Foro Ancona) D’Oronzo Valentina (Foro Bologna) Durazzo Guglielmo (Foro Torino) Durazzo Vittoria (Foro Torino) Facile Carlo Antonio (Foro Milano) Fassina Lorenzo (Roma) Ferrara Raffaele (Foro Santa Maria Capua Vetere) Fezzi Mario (Foro Milano) Fontana Giuseppe (Foro Roma) Forlenza Roberta (Foro Alessandria) Franceschinis Lorenzo (Foro Milano) Francia Daniela (Foro Vercelli) Francioso Cosimo (Foro Milano) Furfari Giovanni (Foro Milano) Gariboldi Silvia (Foro Milano) Gavaudan Antonella (Foro Bologna) Ghidoni Alberto (Foro Milano) Giovannelli Gianni (Foro Milano) Guariso Alberto (Foro Milano) Guarnieri Corrado (Foro Torino) Guarnieri Francesca Romana (Foro Torino) Guglielmi Carlo (Foro Roma) Lamacchia Anna Silvana (Foro Torino) Lamacchia Roberto (Foro Torino) Laudi Bruno (Foro Bologna) Lazzarini Nicoletta (Foro Milano) Lesca Adriano (Foro Torino) Lesca Giacomo (Foro Torino) Maino Alessandra (Foro Milano) Manassero Daniela (Foro Milano) Manfredi Alberto (Foro Cuneo) Mangino Mario (Foro Torino) Mangione Stefania (Foro Bologna) Marcucci Giovanni (Foro Milano) Maroni Cristina (Foro Bologna) Martino Vincenzo (Foro Torino) Mazzoni Mauro (Foro Parma) Medina Alberto (Foro Milano) Mercaldo Sofia (Foro Torino) Monachetti Antonio (Foro Bologna) Monacis Lucia (Foro Torino) Moro Alvise (Foro Milano) Moshi Nyranne (Foro Milano) Nobile Piero (Foro Torino) Notarianni Aurora (Foro Messina) Nuvoli Anna (Foro Bologna) Ottolini Andrea (Foro Milano) Padovani Massimo (Foro Asti) Palermo Angiolino (Foro Milano) Palombarini Sergio (Foro Bologna) Panici Pierluigi (Foro Roma) Pappalettera Irene (Foro Torino) Passante Sara (Foro Bologna) Pautrier Paolo (Foro Torino) Petracci Fabio (Foro Trieste) Petronio Luciano Giorgio (Foro Parma) Petronio Matteo (Foro Parma) Pezzarossi Bruno (Foro Bologna) Piccinini Alberto (Foro Bologna) Pigozzi Luca (Foro Torino) Pirani Giorgio (Foro Roma) Poli Elena (Foro Torino) Porcaro Antonio (Foro Napoli) Quattromini Giuliana (Foro Napoli) Raffa Filippo (Foro Milano) Raffone Elisa (Foro Torino) Raffone Fausto (Foro Torino) Raffone Nino (Foro Torino) Recchi Emilia (Foro Roma) Reni Guido (Foro Bologna) Roccisano Domenico (Foro Milano) Rossi Dario (Foro Genova)Rosiello Annalisa (Foro Milano) Rusconi Fabio (Foro Firenze) Sacco Giorgio (Foro Bologna) Sbarra Ettore (Foro Bari) Scarpelli Franco (Foro Milano) Sertori Giovanni (Foro Milano) Sozzi Gianni (Foro Milano) Spanò Maria (Foro Torino) Stangherlin Francesca (Foro Bologna) Tarantini Rosa (Foro Bologna) Tedesco Rosanna (Foro Milano) Tirelli Massimo (Foro Verona) Undiemi Lidia (Palermo) Vacirca Sergio (Foro Roma) Vannoni Chiara (Foro Milano) Vitale Alida (Foro Torino)

Ulteriori adesioni: Balestro Silvia (Foro Milano) Bianco Flavia (Foro Milano) Bonardi Olivia (Milano) Fotia Maria (Foro Milano) Giasanti Lorenzo (Milano)

Per nuove adesioni, inviare mail a: lamacchia@avvocatidellavoro.eu