Dopo il tribunale di Siena (sentenza n. 42/2015), anche quello di Roma (sentenza n. 10042/15) ha dato ragione ai lavoratori che hanno impugnato la cessione del ramo “Back office”, esternalizzato dalla Banca del MPS in favore della Fruendo, costituita ad hoc in occasione di tale operazione da due altre società, Bassilichi, in qualità di socio di maggioranza, e Accenture I.S., a sua volta controllata dalla holding Accenture.
La vittoria dei lavoratori non era certamente scontata, poiché proprio altri giudici romani avevano precedentemente giudicato legittima la medesima cessione ex art. 2112 c.c., in merito ad un ricorso presentato da un altro gruppo di lavoratori (non assistiti dallo studio legale Cirillo).
Il magistrato di Roma, dott. Lucio Di Stefano, ha focalizzato l’attenzione su tre aspetti decisivi, e per certi versi molto innovativi, considerati tali anche dal giudice senese Diego Cammarosano nell’ampia motivazione riportata nella sentenza.
Il primo riguarda l’assenza del requisito della preesistenza (il ramo è stato confezionato ad hoc nell’imminenza della cessione) nonché il fatto che la Banca MPS non ha ceduto gli indispensabili strumenti di lavoro informatici per l’esecuzione dei servizi (per lo più applicativi), con la conseguenza che le attività cedute non potevano essere considerate idonee a produrre un “risultato autonomo”. Addirittura si è rilevato come sia addirittura la società cessionaria Fruendo a pagare un corrispettivo alla Banca per l’utilizzo di tali mezzi, senza i quali è impossibile l’esecuzione delle attività esternalizzate.
Il secondo, anche questo decisivo ai fini del giudizio, è incentrato sulla circostanza che parte delle attività di back office formalmente incluse nella cessione del ramo a Fruendo, sono state in realtà appaltate ad Accenture I.S. (questo emerge più chiaramente nella sentenza di Siena), che “è un soggetto giurdico diverso dalle parti del contratto del 30 dicembre 2013”, cioè diverso dal cessionario Fruendo. La posizione dei magistrati su tale punto, apre importantissime riflessioni sulle diffuse strategie di outsourcing che vengono realizzati con la partecipazione di più società legate tra loro da rapporti di partecipazione e/o controllo societario, con cui è possibile indebolire la posizione del lavoratore rispetto alla “reale” figura del datore di lavoro (una indagine approfondita del fenomeno è contenuta nel libro “Il ricatto dei mercati”). La ragione è semplice. Soltanto la società che ha formalmente assunto i lavoratori – nelle operazioni ex art. 2112 c.c. è la cessionaria – assume gli obblighi datoriali, e non anche eventuali società controllanti o partecipate. Nel caso di specie, l’aver ceduto parte dei servizi ad Accenture I.S. (che li ha poi sub-appaltati a Fruendo!), togliendoli conseguentemente alla cessionaria che però ha assunto tutti i dipendenti, compresi cioè anche quelli dei servizi appaltati ad Accenture I.S., non può di certo giovare alla stabilità occupazionale dei lavoratori esternalizzati, canalizzati in una società, Fruendo appunto, che ha poi, a conti fatti, eseguito comunque i servizi “tolti” in regime di sub-appaltato con Accenture I.S., che non ha alcuna responsabilità tipica del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori Fruendo.
Interessante, inoltre, il chiarimento – invero molto discusso in giurisprudenza – relativo alle riorganizzazioni di attività, uffici e reparti che le aziende realizzano in vista delle operazioni di cessioni di ramo d’azienda. Ciò che è stato esternalizzato a Fruendo (1° gennaio 2014) è soltanto una parte del ramo back office che la Banca aveva qualche mese prima (1° marzo 2013) acquisito dal Consorzio. Infatti, non tutti i dipendenti addetti al ramo rientrati dal Consorzio sono stati ceduti a Fruendo. Non è stato quindi ceduto l’intero ramo ma soltanto parte delle attività e del personale addetto. La possibilità di individuare un ramo da cedere in prossimità della cessione, riorganizzando uffici e personale, trova dunque un limite laddove si tratta di stabilire se una operazione ex art. 2112 è lecita oppure no.
Adesso attendiamo il giudizio del tribunale di Lecce (che potrebbe arrivare a giugno del prossimo anno), poiché anche in questa città un folto gruppo di lavoratori ha deciso di impugnare la medesima cessione facendosi assistere dallo studio Cirillo, che ormai vanta una grande esperienza sul campo, grazie al lavoro svolto dalla squadra di professionisti che da anni affronta il fenomeno delle esternalizzazioni dei lavoratori nei più svariati settori produttivi.
A cura di:
avv. Ernesto Maria Cirillo – giuslavorista
dott.ssa Lidia Undiemi – esperta in materia di tutela dei lavoratori nei processi di outsourcing e consulente dello Studio Legale Cirillo
Cessione Banca MPS: dopo Siena, i lavoratori assistiti dallo Studio Cirillo vincono anche a Roma.
Dopo il tribunale di Siena (sentenza n. 42/2015), anche quello di Roma (sentenza n. 10042/15) ha dato ragione ai lavoratori che hanno impugnato la cessione del ramo “Back office”, esternalizzato dalla Banca del MPS in favore della Fruendo, costituita ad hoc in occasione di tale operazione da due altre società, Bassilichi, in qualità di socio di maggioranza, e Accenture I.S., a sua volta controllata dalla holding Accenture.
La vittoria dei lavoratori non era certamente scontata, poiché proprio altri giudici romani avevano precedentemente giudicato legittima la medesima cessione ex art. 2112 c.c., in merito ad un ricorso presentato da un altro gruppo di lavoratori (non assistiti dallo studio legale Cirillo).
Il magistrato di Roma, dott. Lucio Di Stefano, ha focalizzato l’attenzione su tre aspetti decisivi, e per certi versi molto innovativi, considerati tali anche dal giudice senese Diego Cammarosano nell’ampia motivazione riportata nella sentenza.
Il primo riguarda l’assenza del requisito della preesistenza (il ramo è stato confezionato ad hoc nell’imminenza della cessione) nonché il fatto che la Banca MPS non ha ceduto gli indispensabili strumenti di lavoro informatici per l’esecuzione dei servizi (per lo più applicativi), con la conseguenza che le attività cedute non potevano essere considerate idonee a produrre un “risultato autonomo”. Addirittura si è rilevato come sia addirittura la società cessionaria Fruendo a pagare un corrispettivo alla Banca per l’utilizzo di tali mezzi, senza i quali è impossibile l’esecuzione delle attività esternalizzate.
Il secondo, anche questo decisivo ai fini del giudizio, è incentrato sulla circostanza che parte delle attività di back office formalmente incluse nella cessione del ramo a Fruendo, sono state in realtà appaltate ad Accenture I.S. (questo emerge più chiaramente nella sentenza di Siena), che “è un soggetto giurdico diverso dalle parti del contratto del 30 dicembre 2013”, cioè diverso dal cessionario Fruendo. La posizione dei magistrati su tale punto, apre importantissime riflessioni sulle diffuse strategie di outsourcing che vengono realizzati con la partecipazione di più società legate tra loro da rapporti di partecipazione e/o controllo societario, con cui è possibile indebolire la posizione del lavoratore rispetto alla “reale” figura del datore di lavoro (una indagine approfondita del fenomeno è contenuta nel libro “Il ricatto dei mercati”). La ragione è semplice. Soltanto la società che ha formalmente assunto i lavoratori – nelle operazioni ex art. 2112 c.c. è la cessionaria – assume gli obblighi datoriali, e non anche eventuali società controllanti o partecipate. Nel caso di specie, l’aver ceduto parte dei servizi ad Accenture I.S. (che li ha poi sub-appaltati a Fruendo!), togliendoli conseguentemente alla cessionaria che però ha assunto tutti i dipendenti, compresi cioè anche quelli dei servizi appaltati ad Accenture I.S., non può di certo giovare alla stabilità occupazionale dei lavoratori esternalizzati, canalizzati in una società, Fruendo appunto, che ha poi, a conti fatti, eseguito comunque i servizi “tolti” in regime di sub-appaltato con Accenture I.S., che non ha alcuna responsabilità tipica del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori Fruendo.
Interessante, inoltre, il chiarimento – invero molto discusso in giurisprudenza – relativo alle riorganizzazioni di attività, uffici e reparti che le aziende realizzano in vista delle operazioni di cessioni di ramo d’azienda. Ciò che è stato esternalizzato a Fruendo (1° gennaio 2014) è soltanto una parte del ramo back office che la Banca aveva qualche mese prima (1° marzo 2013) acquisito dal Consorzio. Infatti, non tutti i dipendenti addetti al ramo rientrati dal Consorzio sono stati ceduti a Fruendo. Non è stato quindi ceduto l’intero ramo ma soltanto parte delle attività e del personale addetto. La possibilità di individuare un ramo da cedere in prossimità della cessione, riorganizzando uffici e personale, trova dunque un limite laddove si tratta di stabilire se una operazione ex art. 2112 è lecita oppure no.
Adesso attendiamo il giudizio del tribunale di Lecce (che potrebbe arrivare a giugno del prossimo anno), poiché anche in questa città un folto gruppo di lavoratori ha deciso di impugnare la medesima cessione facendosi assistere dallo studio Cirillo, che ormai vanta una grande esperienza sul campo, grazie al lavoro svolto dalla squadra di professionisti che da anni affronta il fenomeno delle esternalizzazioni dei lavoratori nei più svariati settori produttivi.
A cura di:
avv. Ernesto Maria Cirillo – giuslavorista
dott.ssa Lidia Undiemi – esperta in materia di tutela dei lavoratori nei processi di outsourcing e consulente dello Studio Legale Cirillo