Corte di Giustizia Europea: il tragitto da casa al primo cliente e viceversa costituisce orario di lavoro.
a cura dell’avv. Ernesto Maria Cirillo
Commentiamo qui la recente sentenza della Corte di Giustizia europea che ha sancito il principio di diritto per cui il tragitto da casa alla sede del primo cliente della giornata e viceversa costituisce orario di lavoro. Lo ha sancito la Corte di Giustizia dell’Unione europea (Terza Sezione causa C-266/14) con una sentenza pubblicata giovedì (http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=167291&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=117244).
La fattispecie è relativa a tecnici dipendenti della Tyco che si occupano dell’installazione e della manutenzione degli impianti di sicurezza nelle abitazioni private e nei locali industriali e commerciali siti nella zona territoriale di loro competenza, che comprende la totalità o parte di una provincia o, talvolta, addirittura più province. Tali lavoratori dispongono ciascuno di un veicolo di servizio con il quale si spostano quotidianamente dal loro domicilio ai luoghi in cui devono effettuare le operazioni di installazione o manutenzione dei sistemi di sicurezza e con il quale ritornano al loro domicilio alla fine della giornata.
Pertanto, ad esempio, il principio varrebbe anche per tutti i lavoratori senza luogo di lavoro fisso, si pensi ai tecnici delle aziende di telecomunicazione o delle compagnie del gas o dell’energia, ai “commerciali”, ai rappresentanti ed a tutti i casi in cui l’automobile è di ordinanza.
La Corte europea, applicando la direttiva 88/2003 sull’organizzazione dell’orario di lavoro, ha dichiarato che “nel caso in cui dei lavoratori non abbiano un luogo di lavoro fisso o abituale, il tempo che tali lavoratori impiegano per gli spostamenti quotidiani tra il loro domicilio e i luoghi in cui si trovano il primo e l’ultimo cliente indicati dal loro datore di lavoro costituisce orario di lavoro”.
Illegittimo, quindi, il regolamento aziendale applicato fino a oggi dalla società, che considerava “tempo di riposo” la percorrenza da casa al primo cliente e il ritorno a fine giornata e calcolava la durata quotidiana del lavoro “conteggiando il tempo trascorso tra l’ora di arrivo dei dipendenti sul luogo in cui si trova il primo cliente e l’ora in cui i dipendenti partono dal luogo in cui si trova l’ultimo cliente”.
I giudici del Lussemburgo al contrario ritengono che “i lavoratori siano a disposizione del datore di lavoro durante i tempi di spostamento” perché “i lavoratori non hanno la possibilità di disporne liberamente e di dedicarsi ai loro interessi“. Infatti “la circostanza che i lavoratori comincino e terminino i tragitti presso il loro domicilio è una conseguenza diretta della decisione del loro datore di lavoro di eliminare gli uffici regionali e non della volontà dei lavoratori stessi”. Pertanto, “costringerli a farsi carico della scelta del loro datore di lavoro sarebbe contrario all’obiettivo di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori perseguito dalla direttiva, nel quale rientra la necessità di garantire ai lavoratori un periodo minimo di riposo”.
Per questi motivi, conclude la Corte (Terza Sezione):
L’articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle che caratterizzano il procedimento principale, nelle quali i lavoratori non hanno un luogo di lavoro fisso o abituale, costituisce «orario di lavoro», ai sensi di tale disposizione, il tempo di spostamento che tali lavoratori impiegano per gli spostamenti quotidiani tra il loro domicilio ed i luoghi in cui si trovano il primo e l’ultimo cliente indicati dal loro datore di lavoro.