Telecom Italia insiste nel demansionamento, condannata al pagamento di € 50.000,00 pari ad 1/3 della retribuzione.

lawyer La recente sentenza del Tribunale di Napoli che vi sottoponiamo, è intervenuta sul caso di una dipendente Telecom Italia che nel 2005 venne trasferita dal servizio “12” alla portineria.

La lavoratrice fece ricorso al Tribunale del Lavoro contestando al datore di lavoro che le nuove mansioni non fossero corrispondenti a quelle proprie del suo livello inquadramentale né tenessero conto della professionalità acquisita dalla stessa al precedente settore presso cui era stata impiegata per anni.

Con una prima sentenza la Sezione Lavoro del Tribunale di Napoli aveva condannato la Telecom Italia al risarcimento del danno professionale subito dalla ricorrente, per il periodo 2005 – 2006, riconoscendo il danno da demansionamento subito dalla lavoratrice dalla collocazione presso la portineria fino al deposito del ricorso, appunto nel 2006.

Malgrado il riconoscimento del Tribunale di Napoli, la lavoratrice non fu addetta a mansioni confacenti al suo patrimonio professionale, e venne lasciata fino al 2012 a svolgere servizio di portineria.

La ricorrente ha quindi proposto nostro tramite un nuovo ricorso di lavoro vedendosi riconosciuta il diritto all’ulteriore danno professionale maturato nel periodo 2006 – 2012, ossia dalla precedente sentenza a tutta la sua permanenza presso la portineria, per un ammontare di € 50.000,00 oltre interessi e rivalutazione ed ammontante dunque a circa un terzo della retribuzione globale di fatto percepita dalla lavoratrice in quel periodo.

Il Tribunale ha confermato il principio per cui “ ogni lavoratore subordinato ha un vero e proprio diritto, ai sensi dell’art. 2103, allo svolgimento della prestazione secondo la tipologia lavorativa propria della qualifica di appartenenza e, la violazione di tale diritto, determina la configurazione di un danno risarcibile, quale lesioni del diritto fondamentale alla libera esplicazione della personalità del lavoratore nel luogo di lavoro”.

Avv. Francesco Cirillo

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